Nei miei lunghi anni di Sacerdozio ho celebrato alcuni funerali “difficili” di bambini, di giovani, di papà, di mamme… la cui morte ho sentito spesso commentare da pie persone con la frase: “È volontà di Dio!” oppure: “Dio ha colto per sé il fiore più bello!” e simili.
Ma è vero? Albert Camus, premio Nobel per la Letteratura nel 1957, dai suoi contemporanei fu ritenuto molto vicino al cristianesimo, al quale non aderì mai perché aveva difficoltà ad accettare un Dio che faceva morire i bambini, tema molto presente nel suo più celebre romanzo La peste. Questo, che da molti è presentato come il problema del “Silenzio di Dio”, interpella il cristiano sulla sua idea di Dio, che come dice il Vangelo “nessuno l’ha mai visto. L’Unigenito che è nel seno del Padre, egli lo ha rivelato” (Gv 1,18) e su quanto alla formazione dell’idea di Dio presente in credenti e non, ha contribuito il Vangelo.
Dopo tanti anni di ministero sacerdotale, mi viene da concludere: poco, molto poco!
Nel pensiero corrente (tra cristiani), Dio è innanzitutto creatore di tutto e “onnipotente” (= può tutto), titolo che lo assimilerebbe alle logiche dei potenti della terra e al “potere”, (che però Gesù nel Vangelo ci presenta come la grande tentazione dell’uomo), cioè uno che fa tutto, comprende tutto, dispone tutto lasciando gli uomini nella minorità, cosa rilevata da personaggi come Nietzsche o Sartre, che vedevano l’esistenza di Dio come incompatibile con quella dell’uomo adulto e responsabile. Dio, inoltre, è presentato come “giudice”, pronto a punire gravemente l’uomo che gli disobbedisce, insensibile di fronte alle lacrime della madre di un figlio peccatore o malato…, uno di cui bisogna avere paura. In questo contesto abbiamo accolto alcuni termini innovativi del Vangelo che ci parlano di Dio come “Padre”, interpretandolo sovente come padre/padrone, il “timore di Dio” come paura di Dio (che invece è un’altra cosa!) o come “amore”, vedendo in questo termine qualcosa di simile agli atti di benevolenza attribuiti a personaggi potenti (e spesso crudeli) della storia degli uomini.
Ricordo che un parroco del mio paese presentava la Madonna come colei che con la sua azione materna, “rendeva Dio più buono e misericordioso verso di noi”, mitigandone con la sua intercessione la severità (!!!???).
Ma è questo il Dio che ci rivela Gesù, che lo conosce e afferma “nessuno sa chi è … il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Lc 10,22)? Se così fosse ci avrebbe detto poco di nuovo rispetto a quello che gli uomini hanno sempre pensato. Mentre il Vangelo pretende di dirci cose nuove su Dio.
Infatti, le immagini e le espressioni che usa Gesù nei Vangeli quando parla di Dio che chiama solitamente “Padre” e con il quale ha una intimità speciale e straordinaria (Gv 5,19ss) sono di tutt’altro genere. Innanzitutto non è un onnipotente lontano, ma “abba’”, “papà” pieno di amore per gli uomini suoi figli (Gv 16,27) che rivolge al Figlio parole colme di tenerezza nel Battesimo (Mc 1,11) e nella Trasfigurazione (Mt 3, 17; Mc 17,5), che lo colma dello Spirito perché nel suo agire traduca in terra la logica della comunione tra le Tre Persone (Gv 14,9ss), e lo invia (Gv 8,16) ad “annunziare ai poveri un lieto messaggio” di pieno recupero della bellezza della vita (Lc 4, 18ss). A lui nel “Padre nostro” Gesù ci invita a rivolgerci con piena confidenza: Egli è’ vicino e attento alle vicende dei suoi figli, vede nel segreto e ricompensa (Mt, 6, 1.6.18), è provvidente verso i piccoli (Mt 11, 25ss) che conosce e cura con premura (Mt 6,25 ss; 7, 7ss), che ama, ponendosi dalla loro parte (Lc 2, 46-55) e facendo loro giustizia (Lc 18, 1-7); è attento alle loro richieste (Lc 12,22-31) che esaudisce oltre ogni attesa col dono dello Spirito Santo (Lc 11, 13); pronto a perdonare largamente (MT 18, 23ss) ad accogliere il figlio perduto con il solo intento di restituirgli la gioia di essere figlio (Lc 15, 11-31). La fiducia sterminata del Figlio nei suoi confronti lo porta a mettersi nelle sue mani anche nei momenti dell’angoscia (Mc 14,36ss) e della morte (Mc 15, 34), sicuro che gli ridonerà la vita, perché “se Dio è stato glorificato in lui anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito” (Gv.13, 32).
Già queste brevi citazioni raccolte sfogliando rapidamente i quattro Vangeli, ci portano ad affermare di fronte alle immagini correnti presenti nella vulgata popolare su Dio: “Non è così!”. Infatti Gesù, che ci rivela i sentimenti del Padre anche con i gesti che egli compie tra gli uomini, ci dice innanzitutto che Dio non è la controparte dei suoi figli, vuole sempre il loro bene e condivide le loro sofferenze (Lc 7,15; Gv 11,35-38). Egli che ama la vita, sa di essere innocente di fronte al male del mondo e che ogni tragedia è frutto di scelte sbagliate di qualcuno (che ha inquinato, che non si è preparato ad esercitare bene la professione, che è stato poco attento ad evitare malattie e pericoli…). Il Dio che ci rivela Gesù, oltre alla vita, fa dono agli uomini della libertà: lui non vuole marionette, ma uomini liberi e responsabili che aderiscano al bene senza costrizione, che continuino con il loro lavoro e il loro ingegno l’opera buona della creazione; parla all’uomo da adulto, propone e non impone, attendendo la sua libera adesione (Lc 1, 26-38) e, come nella dolorosa vicenda della passione di suo Figlio, arrendendosi di fronte ai suoi errori, perché la libertà non è un dono provvisorio, ma definitivo, che lui non ritira mai. Il Dio di Gesù odia il peccato dell’uomo perché sa che in tal modo l’uomo si sta facendo del male e sta facendo male agli altri, vanificando il progetto e il dono che è la sua vita e rendendola inutile. Perciò, lungi dal volere la dannazione eterna dei suoi figli, si intristisce quando qualcuno con la sua vita sbagliata si avvia ad un’esistenza eternamente inutile (= inferno). Di fronte e chi sbaglia, vuole soltanto che torni ad essere figlio felice nella sua famiglia (cfr. Lc.15,11). Gesù ci parla di Dio come Misericordioso, laddove la misericordia, non è tolleranza irresponsabile verso che si sta facendo male, ma accoglierci con tutte le nostre ferite e cattiverie per farci rinascere alla felicità di essere uomini tra gli uomini. Gesù non ci rivela un Dio solitario che dispone arbitrariamente dell’esistenza degli altri per suoi scopi misteriosi, ma è Padre che è tale perché ha il Figlio col quale sperimenta nell’Amore la bellezza di una vita senza competizione, senza rapporti di potere e di forza, una vita in cui ogni persona è felice nel servire la realizzazione dell’altro. Aspirazione del Dio di Gesù è far entrare gli uomini che egli ama in questa logica che lui sperimenta e vive e a rimanervi (Gv 15, 4 ss), perché l’umanità, stabilendo rapporti sani e alti, si ritrovi a vivere in terra quello che il Padre il Figlio e lo Spirito d’amore vivono già nel cielo, cioè come una famiglia di fratelli.
+ don Valentino