Torna la Quaresima, con i suoi riti e le sue tradizioni. La inizieremo con la solenne liturgia delle Ceneri, quando saremo chiamati a formulare davanti al Signore i nostri propositi di conversione e di penitenza, che spesso si sono risolti in qualche Via Crucis, nell’astinenza dalle carni…, in qualche visita al Cimitero, nella partecipazione a qualche iniziativa parrocchiale e a qualche Sacramento (Confessione e Comunione) in più.
Ci domandiamo: questa è la conversione cui ci invita la Chiesa? Sembra proprio di no. Per il cristiano, conversione è domandarsi quale ruolo ha Dio nella propria vita, se viviamo l’esistenza in sintonia con il Vangelo; è decidersi per i sentimenti, i gesti e i comportamenti di Gesù; è voler essere uomini e donne che vogliono volare alto perché credono nelle proposte di vita del Messia di Nazareth. Chi esclude dal cammino quaresimale la qualità del proprio rapporto personale con Gesù, rischia di girare a vuoto.
La liturgia chiama la Quaresima “tempo favorevole”, tempo di grazia nel quale Gesù ci chiede ancora di metterci alla sua sequela per far rinascere in noi l’uomo nuovo, che si è rivelato nella Pasqua. Si tratta di intraprendere un cammino che ci vuole condurre dalla schiavitù alla libertà, come gli antichi figli di Israele, un cammino ripreso vittoriosamente da Cristo.
La Quaresima, quindi, è innanzitutto un “uscire” da mentalità, gesti e situazioni che, nonostante 2000 anni di Cristianesimo, sono ancora predominanti tra noi e che ci portano a centrare la nostra vita su noi stessi e non sull’Altro e sugli altri: i nostri egoismi personali e familiari, l’indifferenza verso i poveri e gli stranieri e il loro dolore, il considerare il nostro rapporto con la società e la politica senza nessuna attenzione al bene comune, il pensare l’altro, soprattutto se povero, come oggetto di uso e non come soggetto di diritti, il “glissare furbo” davanti ai nostri doveri di cittadini (evadere le tasse, violare l’ambiente, commettere abusi edilizi, approfittare del denaro pubblico, dei beni di tutti…), l’abbandonarsi alla calunnia e alla vendetta verso chi pensiamo sia di ostacolo alla nostra vanità e ai progetti di predominio, il vivere la nostra pratica cristiana come “assicurazione” del nostro benessere e non come educazione al dono… Tutte cose che sono la radice profonda delle sofferenze e dei mali, anche della nostra realtà.
Ma prima ancora la Quaresima è “ascoltare”, perché solo facendoci inondare dalla luce che ci viene dall’incontro con la Parola di Dio e dall’esperienza di Gesù di Nazareth, possiamo renderci conto del fallimento delle logiche in cui siamo immersi e possiamo comprendere che cambiare è possibile, perché Lui ha percorso il cammino prima di noi e ci offre la possibilità di uscirne vittoriosi. Non esiste tempo di Quaresima senza ascolto di Dio, senza far illuminare la nostra vita dal suo Vangelo. Diversamente continueranno a prevalere le luci fioche delle nostre logiche, che creano solo buio e dolore, anche se camuffato di pratiche cristiane.
La Quaresima è “imparare a donare”. Gli inviti alla penitenza e al digiuno sarebbero ipocriti se dietro il privarci di qualcosa non ci fosse il volto del fratello da rendere felice con i nostri sacrifici. O più ancora il fratello di cui farci carico, a cui affiancarci per sollevarlo e ridare dignità. Certe elemosine infastidite non hanno niente a che vedere con il Vangelo.
Lo sgravarci la coscienza soltanto con qualche spicciolo è poco cristiano. Il discepolo del Signore sa che la vera condivisione è donare sé stesso, la ricchezza della propria vita e non le cose, come ci insegna Gesù in ogni Messa. La Quaresima allora è il tempo in cui i genitori donano di più se stessi e la loro compagnia ai figli, in cui ci prendiamo a cuore i limiti e i problemi degli altri, in cui “perdiamo tempo” con il prossimo debole e sofferente, stiamo con lui, che cerchiamo di servire e non di servirci.
Di fronte ai problemi di oggi, cosa possono fare – si domandano in tanti – l’annuncio del Vangelo, l’esperienza della preghiera, l’invito ad amare Dio e il prossimo, la penitenza e il digiuno? Sembra nulla. Eppure sono queste le cose che sole possono avviare un mondo più giusto e fraterno.
È evidente a tutti che “lo sfascio” c’è perché ci siamo allontanati dalla strada di Gesù e che i segni di speranza nel mondo nascono dove qualcuno – consapevolmente o inconsapevolmente – inizia a vivere la logica e i valori del Vangelo.
La Quaresima ci vuole ricordare queste verità e dirci che ognuno di noi può invertire il trend negativo ed essere costruttore di cose nuove, se si lascia illuminare dal Vangelo e cambia la rotta della sua vita, riprendendo a seguire Gesù. Questo tempo forte ci dice anche che in questo impegno il Signore è pronto a sorreggerci con la sua mano potente e cammina con noi.
Spesso le nuove generazioni e le persone lontane dalla pratica religiosa vedono la Quaresima come una pratica di devoti, avanti negli anni. Un certo insistere di fedeli e sacerdoti unicamente sul devozionismo conferma tale visione errata delle cose. Forse come Chiesa dobbiamo uscire da schemi logori ed inefficaci e pensare che questo tempo è una grande opportunità da ripensare.
Da Clarus, Febbraio n.2-2015