Guardando alla partecipazione alla Messa festiva, molti sostengono che da qualche anno assistiamo ad un costante allontanamento dalla Chiesa, soprattutto dei giovani.
Ma è proprio vero che gli italiani vanno poco in chiesa?
Penso che si debba dire proprio di no. Basti pensare alle chiese piene in occasione dei funerali, alla tanta gente che partecipa alle feste popolari (processioni, Messe, novene…), ai Sacramenti della iniziazione cristiana e del matrimonio, occasioni di frequenti contatti con la parrocchia da parte della maggioranza degli italiani , all’assistenza ai malati ed all’azione caritativa… per dire che un prete normale incontra nell’arco di un anno una marea di gente.
Il problema è come la incontra e quale immagine di Chiesa si offre in tali occasioni. Una mia nipote non credente mi raccontava sempre della fretta e della insignificanza delle omelie (talora irritanti) del parroco in occasione dei funerali di persone amiche, cui le capitava di partecipare. Ma anche nella preparazione e nell’amministrazione dei sacramenti la poca passione, la fretta e l’approssimazione di molti preti costituiscono un grande ostacolo per percepire il valore della vita di fede. Sono rimasto sempre molto scandalizzato da alcuni parroci che impegnano le uniche occasioni di incontro con i genitori dei bambini che si preparano alla Prima Comunione per parlare del vestito, dei fiori e delle offerte… E vogliamo parlare delle consuete polemiche tra i Comitati e la gente in occasione delle feste patronali? Spesso si tratta di dispute che non riguardano il taglio evangelico da dare alla festa. Inoltre, in molti di questi momenti, solitamente il prete si presenta come colui che ha poco tempo e ha “molto da fare” (cosa?) e che quindi non può dedicarsi alle persone. Pertanto, in tali circostanze, il fedele comunesolitamente non intravede nella parrocchia una comunità o una famiglia accogliente, che mira a costruire relazioni belle e positive, ma un ente erogatore di servizi.
In tali occasioni, normalmente si assiste a rimproveri e ad appelli a frequentare la Messa festiva, che cadono nel vuoto, perché non provengono da chi nel corso dei vari incontri ti ha mostrato accoglienza, amicizia, passione e che, conoscendoti e volendoti bene, ti propone qualcosa di bello che lui sperimenta, ma da un funzionario di una Azienda del sacro in cerca di “clienti”o da un moralista minaccioso. Per di più, sovente, quella Messa, cui ti invita, spesso è gestita come una pratica religiosa algida, sbrigativa e talora incomprensibile, anche se talora condita da qualche dalle “trovata” estemporanea che anche se ti incuriosisce, non ti fa sentire a casa.
Alla Messa non si obbliga (neppure moralmente), ma si invitano coloro con i quali si hanno relazioni positive ispirate al Vangelo e si condivide un cammino di fede. Ho incontrato diversi preti sempre presenti tra la gente che si preoccupavano che ogni Messa festiva fosse un incontro di famiglia; preti innamorati del Signore che celebravano l’eucarestia domenicale con lo stesso amore con cui le mamme preparano il pranzo della festa per i loro figli. Una Messa così la puoi pure saltare qualche volta, ma ti fa venire la nostalgia e il desiderio di tornarci appena possibile.
Forse ci dovremmo lamentare meno della gente che non va a Messa la domenica e interrogarci di più sulla qualità (scadente) della nostra offerta pastorale. Come dimostra l’impegno e l’entusiasmo umile di alcuni preti, forse la scarsa frequenza dei nostri cristiani alle celebrazioni festive è un messaggio forte che il Signore (come nel Libro dell’Apocalisse) invia ai pastori e alle comunità cristiane perché possano interrogarsi di più sulla loro fede e dare slancio e qualità all’azione pastorale ordinaria.
+ don Valentino