12 settembre 2010 Seligenstadt an Main
Omelia in occasione del viaggio in Germania per la firma del gemellaggio tra le città di Piedimonte Matese e Seligenstadt per la devozione comune a San Marcellino, prete e martire
Ieri, dopo un lungo ed esaltante percorso, si è concluso nel nome dei santi martiri Marcellino e Pietro il gemellaggio tra le città di Seligenstadt e di Piedimonte Matese. Si tratta di un evento importante per noi, credenti e cittadini d’Europa, che nelle radici cristiane scorgiamo elementi irrinunciabili della nostra identità e promettenti prospettive per il futuro. Saluto, pertanto con deferenza ed affetto i Sindaci e i Parroci delle due città, quanti hanno voluto e realizzato questo gemellaggio, i fedeli di Seligenstadt e la delegazione di Piedimonte: a tutti rivolgo il mio grazie e l’auspicio che quanto abbiamo realizzato sia la prima tappa di un lungo e fecondo cammino.
E’ singolare, che a celebrare questa solenne Eucaristia che suggella tale patto sia proprio un prete romano, come Marcellino, divenuto da poco cittadino di Piedimonte Matese, perché nominato da un Papa tedesco, il nostro amato Benedetto XVI, Vescovo di Alife-Caiazzo, la diocesi di cui fa parte Piedimonte. Si tratta di una ulteriore felice coincidenza, che si aggiunge alle tante, più volte sottolineate con grande competenza e passione, dal carissimo Prof. Michele Malatesta.
Ho parlato di coincidenze, ma noi cristiani sappiamo che tutto è dono, tutto è grazia e che al di là degli eventi della nostra esistenza, siamo chiamati a leggere la trama d’oro che il Signore tesse in nostro favore, per intercessione dei santi martiri, protettori delle nostre città.
Perciò siamo qui per rendere grazie a Dio ed affidarci con rinnovato amore e gratitudine alla loro celeste protezione.
La parola di Dio che abbiamo appena ascoltato ci offre numerosi spunti per comprendere la nostra autentica vocazione di cittadini europei credenti e il senso presente e futuro dell’evento che stiamo celebrando.
La prima lettura, presa dal libro dell’Apocalisse, ci riporta una delle due visioni che vengono ad interrompere l’apertura dei sette sigilli. Essa presenta con dovizia di particolari, la moltitudine dei cristiani che, passata indenne attraverso la persecuzione, appare nella gloria di Dio. Nella parte finale, viene detto che nella Gerusalemme celeste un posto particolare è riservato ai martiri, a “quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti rendendole candide nel sangue dell’Agnello”: essi “stanno davanti al trono di Dio”.
Loro grande merito è quello di aver vissuto fino all’effusione del sangue, la propria condizione cristiana, rappresentata dalla veste bianca, elargita nel momento del Battesimo.
La seconda lettura, invece, presa dal capitolo 5 del Vangelo di San Matteo, riporta l’inizio del Discorso della Montagna, cioè il famoso testo della beatitudini.
Mentre la prima ci affascina con la visione della Gerusalemme celeste, meta della vita cristiana, il testo evangelico ci presenta la strada per raggiungerla.
Una strada singolare che capovolge tutti i valori convenzionali del mondo giudaico e romano-ellenistico e dichiara beati coloro che non aderiscono ad essi. Qui vengono ripudiati non soltanto la ricchezza e la condizione sociale peccaminosa, ma anche quei valori personali che sono ottenuti e difesi mediante l’auto-affermazione e la lotta.
Di fronte alla ricchezza di messaggi, offertici dalla Parola di Dio appena ascoltata e dagli eventi che stiamo celebrando, come Maria dobbiamo domandarci che senso essi abbiano per noi che, nel nome dei gloriosi martiri Marcellino e Pietro, stiamo a gettare ponti di amicizia e di pace tra due antiche città di questa nostra Europa, così benemerita e così problematica, così cristiana e così secolarizzata, e oggi sempre più tentata di allontanarsi dal Vangelo e di aderire a pseudo valori che ne mettono in discussione l’identità più autentica, che sempre ha costituito uno dei cardini della propria civiltà e del proprio progresso.4. La testimonianza dei Martiri e la parola di Dio ci invitano, innanzitutto, a guardare in alto, alla meta del viaggio della vita che noi cristiani percorriamo seguendo Gesù. Contemplare il futuro che Dio prepara ai suoi figli e affidarvisi, non rappresenta un atteggiamento alienante e fuori moda, ma significa conferire al nostro pensare, alla nostra ricerca, al nostro agire, una qualità alta, che, liberandoci dagli idoli e dalla disperazione, ci difende dalla banalità, da visioni dell’uomo e della storia meschine e soffocanti. Tale atteggiamento ci aiuta, altresì, ad inserire nei nostri comportamenti la categoria del futuro, della promessa di Dio che alimenta la nostra speranza e ci dona il coraggio di appassionarci alla vita, di osare e di spezzare il dominio avvilente dei moderni idoli.
I martiri che veneriamo ci testimoniano la potenza e l’efficacia della verità proclamata nella professione di fede, con le parole “aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”. Proprio guardando al mondo futuro, essi hanno scoperto l’inconsistenza e la caducità dei poteri terreni, hanno vinto la paura e hanno scelto la parte migliore, diventando riferimenti sicuri per i fratelli.
Il loro martirio ci fa comprendere, altresì, che la persecuzione e la sofferenza sono un connotato costante di chi segue Cristo e vuole essere fedele a Dio e all’uomo, ma anche la garanzia della fecondità delle proprie scelte. Infatti, proprio perché hanno donato generosamente la vita per amore di Cristo e dei fratelli, il prete Marcellino e il diacono Pietro, sono diventati radici e fonte di una nuova civiltà, che a distanza di 17 secoli ancora unisce e costruisce pace, amicizia e umanità autentica tra le nostre comunità.
Nell’odierna Europa, che tende a vivere come se Dio non esistesse ed a ritornare ai valori del paganesimo, non possiamo accontentarci di proclamare le radici cristiane della nostra cultura, dando per scontata la nostra adesione alla fede e limitandoci a coltivare antiche e gloriose tradizioni religiose. Se ci fermassimo al “piccolo cabotaggio” di chi vive una fede annacquata e pronta al compromesso, che nella politica, nella vita sociale, nell’economia e nel lavoro, proclama i valori cristiani senza viverli, faremmo un cattivo servizio a noi stessi e tradiremmo la nostra vocazione di cittadini credenti chiamati di incarnare nell’oggi la verità del Vangelo, in vista di una nuova inculturazione della fede nella odierna società.
Occorre, invece, che, sull’esempio dei martiri, anche noi, testimoniando con coerenza il Vangelo, ci facciamo promotori di una nuova civiltà cristiana e di una nuova umanità nell’Europa di oggi, a partire dalle scelte personali e comunitarie di ogni giorno.
Pur guardando con simpatia la fatica, i dubbi, le attese, le sofferenze e le speranza dell’uomo contemporaneo, i cristiani devono essere consapevoli che soltanto il Vangelo è la forza liberante che può sconvolgere le strutture ingiuste della società e le dimensioni negative delle culture contemporanee e alimentarne e incoraggiarne gli aspetti positivi.
Il Vangelo delle Beatitudini oggi è consegnato anche a noi dai santi Martiri. Con tale consegna, essi ci invitano a vivere una fede senza compromessi, piena di intelligenza e di misericordia, ma capace di offrire ancora al mondo contemporaneo quelle vie di felicità proposte da Cristo sul monte. Esse si presentano come alternativa all’odierno paganesimo e vogliono offrire cammini autentici alla ricerca della verità, della piena dignità dell’uomo e di una salvezza non effimera.
Si tratta di una proposta possibile? Marcellino e Pietro che hanno vissuto in un tempo molto più difficile del nostro, ci invitano ad osare. Ci raccomandiamo alla loro celeste protezione perché anche la nostra vita, ponendo Cristo al centro, a partire anche dal nostro gemellaggio, costituisca per le nostre comunità un punto di riferimento forte che produce pace, amicizia e quell’umanità nuova che nasce dalla fede nel Signore morto e risorto per noi.