Roma, 7 aprile 2020
Cari Confratelli di Alife-Caiazzo,
in occasione del prossimo Giovedì santo, il primo dopo aver lasciato la Diocesi, vorrei parlarvi seduto idealmente accanto a voi sugli scranni della nostra Cattedrale… da prete a prete, da credente a credente, da uomo a uomo, convinto che, al di là dei ruoli svolti, il Signore ci ha fatto incontrare, affidandoci gli uni agli altri.
Terminato il mio mandato tra voi, mi sono nuovamente inserito nel contesto romano ed ho ripensato alle belle figure di preti che ho incontrato sul mio cammino: sacerdoti dalla fede solida, uomini di autentica preghiera, dal cuore aperto e con tanta voglia di essere tra la gente, non appiattiti sull’ordinario, senza vanità di carriere, poveri e generosi; preti obbedienti che amavano la chiesa, non invidiosi, ma felici del successo dei confratelli… Una serie di testimoni (forse il clero di Roma non è composto di persone tutte così, ma sono convinto che il Signore mi ha fatto la grazia di incontrare la parte più bella…) che hanno dato motivazioni forti alle mie scelte migliori e hanno trasmesso alle generazioni successive uno stile sacerdotale sereno, impegnato e familiare dal quale, al rientro a Roma, mi sono sentito accolto e circondato.
Anche pensando a loro, mi sono interrogato spesso sul mio passaggio tra voi: quei nove bellissimi e difficili anni in cui il Signore mi ha affidato voi e tante storie di uomini e di donne, da servire, comporre e far fiorire. Ora che il mio mandato è concluso, mi sono concentrato sulla cosa più bella che un cristiano, e soprattutto un prete, può fare: fermarsi davanti all’Eucarestia e ringraziare, domandare perdono, intercedere e pregare perché i cristiani e soprattutto i Confratelli nel sacerdozio, non perdano nessuna occasione per essere eucarestia per gli altri, cioè persone serene, vive e felici perché capaci di donarsi totalmente.
Quando sono davanti al Signore, mi capita spesso di passare in rassegna i vostri volti e i momenti condivisi, rendendo grazie per i tanti buoni esempi ricevuti e chiedendo che nessuno di voi sciupi la bellezza del suo sacerdozio rincorrendo facili consensi, onori avvelenati da intrighi e da furti di gioia altrui, uno stile di vita senza slanci per i piccoli e i poveri…, come pure che sperimenti ogni giorno la felicità di essere integralmente padre, vivendo pienamente il dono del celibato come una grande opportunità di “generare vita”, rifuggendo dalla tentazione di vivere il sacerdozio, concentrandosi, come uno scapolo, sui propri hobbies e sottraendo tempo e amore alla gente.
La riscoperta della Bibbia, dono grande del Signore per me negli anni del mio servizio episcopale, mi fa spesso pensare a come sarebbe la nostra vita sacerdotale se ci accostassimo alla Scrittura Santa non come ad un “sapere” che fa apparire colti e superiori agli altri, ma con l’umiltà e la gioia di essere presi per mano da Dio per conoscere la via della vita ed insegnarla ai fratelli. Per questo domando sempre al Signore di rendervi uditori appassionati della Parola, capaci di vivere la preghiera con serena umiltà, come risposta ai progetti del Padre e come costante, silenzioso e intenso colloquio con Lui, perché le scelte e le parole del vostro ministero nascano dal mettervi quotidianamente nelle sue mani.
Pensando alle tante volte che nei nostri incontri vi ho manifestato la mia convinzione che il ministero pastorale è come un “gioco di squadra”, che può portare a grandi risultati (come tante volte è capitato in questi anni), ma che è molto danneggiato da chi si sente concentrato su sé stesso, libero da vincoli ecclesiali e padrone assoluto del gregge, chiedo spesso al Signore che ciascuno di voi metta concretamente a servizio di tutti il proprio dono e testimoni quella fraternità autentica e quella concordia che non nascono da capacità di persuasione e di manipolazione, ma soltanto da spirito autentico di comunione. Come pure, spesso mi capita di domandare a Gesù di liberarvi dalla preoccupazione di “occupare spazi”, cioè di cercare visibilità e offrire soltanto servizi religiosi che sottolineano il potere del prete su alcuni momenti della vita della gente, e di donarvi il desiderio costante di avere in ogni iniziativa pastorale la sola preoccupazione di avviare, in quanti sono affidati alla vostra responsabilità, percorsi di umanizzazione, di liberazione e di rinascita, a partire dall’incontro con Gesù. Come mi ha insegnato lo zelo sacerdotale di tanti di voi, il buon prete non si illude di aver fatto il proprio dovere, quando ha compiuto alcuni riti richiesti e remunerati, ma quando ha cercato e formato le persone stando tra la gente e rendendosi disponibile all’ascolto di tutti, con il desiderio di gettare nel loro cuore semi di Vangelo.
Ripensando all’abbraccio di pace che tante volte ci siamo scambiato nel corso della Messa crismale, consegno con affetto questi miei pensieri a ciascuno di voi, chiedendovi di pregare per me e per Chi oggi è chiamato ad essere Pastore della nostra Chiesa, che anch’io affido quotidianamente al Signore Gesù.
Questi giorni intensi di Pasqua e questo Giovedì santo, così particolari per la sofferenza di tanti fratelli e così stranamente silenti, che continuano a ricordare a ciascuno di noi di essere stato pensato con particolare amore e scelto da Gesù per essere continuatore della sua missione e dispensatore dei santi Misteri, ci aiutino a volare alto, nella consapevolezza che Egli ci ha affidato la vita e le speranze dei nostri fratelli.
La Vergine Santa, che dal grande affresco della Cattedrale ci ricorda la sua premura materna per noi, ci guidi e ci accompagni perché la nostra vita profumi ogni giorno di più del Vangelo del suo Figlio.
Buon Giovedì Santo, Santa Pasqua!
+ don Valentino
Commenti
Grazie , don Valentino, di una riflessione forte, nata dal cuore: mostra che ogni incontro lascia in noi un segno che ci migliora dentro. Buon Giovedì Santo e buona Pasqua!