Quando nel 2010 sono arrivato nella Diocesi di Alife-Caiazzo (frutto della fusione di due precedenti Circoscrizioni, avvenuta nel 1986), ho notato il prevalere di Alife (in alcuni preti alquanto spocchioso) e l’atteggiamento mortificato di Caiazzo, che mi apparve una realtà meno vivace e poco attiva nel consesso diocesano.
Con la Visita pastorale alle Comunità dell’ex Diocesi di Caiazzo e la preparazione del “Dizionario dei testimoni della fede” (di prossima pubblicazione), ho invece scoperto che l’antica Chiesa caiatina era una realtà di belle tradizioni, con significative esperienze pastorali e che ha avuto ottimi vescovi, certamente non inferiori a quelli di Alife. Come pure che la situazione che inizialmente avevo colto dipendeva dal fatto che Caiazzo aveva vissuto la fusione con Alife con rassegnata passività, forse sognando un improbabile futuro ritorno all’autonomia.
Pertanto, quando il 23 maggio 2013, il Papa ha di fatto “decretato” anche la fine della Diocesi di Alife-Caiazzo, ho impostato la vita pastorale pure in funzione di quella concreta eventualità, facendo alcune importanti scelte che permettessero alla nostra realtà diocesana di entrare a testa alta in un eventuale consesso più ampio:
1. per suscitare il senso di appartenenza alla Chiesa locale, ho avviato innanzitutto una lunga Visita pastorale, rimanendo una settimana in ogni parrocchia e incontrando tutte le realtà del territorio (Dedicare tempo a ciascuna di loro significava dare valore a quanti incontravo, ognuno con un bagaglio di idee e di esperienze importante e necessario alla crescita collettiva, compresa la mia);
2. ho poi cercato di rinnovare la pastorale alquanto stantia delle parrocchie (anche laddove alcuni parroci che si ritenevano “all’avanguardia” la camuffavano con iniziative “teatrali” o d’occasione) cercando di spostare il baricentro pastorale dalla sacramentalizzazione selvaggia (fatta di “Messe, Morti e Sacramenti”) all’evangelizzazione (Centri d’ascolto del Vangelo nelle case, nuove norme per l’iniziazione cristiana: Catecumenato crismale, coinvolgimento sistematico dei genitori in occasione dei Sacramenti dei figli..), formazione dei catechisti e degli operatori pastorali, compresi gli Insegnanti di religione….;
3. ho incrementato il rapporto con il territorio e il servizio alla sua promozione, dando una impostazione più aperta ai servizi diocesani quali Clarus (giornale periodico e quotidiano online), Biblioteca diocesana e Caritas, e avviando l’Archivio storico diocesano e il Centro per la famiglia…, spingendo ciascuno di essi ad interagire in maniera specifica con Enti, Associazioni, Istituzioni, Parrocchie;
4. ho rilanciato e avviato (ove erano assenti) gli organismi di partecipazione e il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei laici nella vita della Diocesi, suscitando concreto ascolto e condivisione di idee e progetti;
5. ho provveduto a ristrutturare la Curia, con la presenza significativa dei laici che si sono rivelati più affidabili di alcuni sacerdoti (che non sempre prendono sul serio gli incarichi diocesani, interpretandoli spesso soltanto come funzioni di puro potere) e costituendo èqujpes allargate di lavoro;
6. infine, ho indetto il primo Sinodo Diocesano, che ha dato alla Diocesi una “Regula Pastoralis” (LIBRO DEL SINODO) per aiutare a superare l’individualismo e la pastorale a ruota libera di molti parroci, ma soprattutto per offrire all’intera Comunità diocesana uno strumento per vivere la comunione, sulla scorta di precedenti occasioni di confronto.
Anche se non tutti i Sacerdoti hanno compreso il senso di tali importanti scelte e taluni vivono ancora di miti del passato o inseguendo prospettive pastorali individualistiche e vaghe, ritengo che la Diocesi di Alife-Caiazzo possa entrare nella nuova realtà voluta dal Santo Padre, recando doni nuovi e doni antichi.
+ don Valentino