“Lasciatele fare, chissà se in futuro avremo persone che le sostituiranno!” mi ha detto il sacrestano di una chiesa in cui stavo per celebrare, rispondendo a qualche mia osservazione insofferente di fronte a certe preghiere lunghe, formali e noiose, recitate in fretta da un gruppetto di anziane signore.
Già, il futuro della Chiesa quale sarà? Sento dappertutto dell’allontanamento dei giovani o di giovani adulti dalla pratica religiosa (a Roma, o in qualche altra città, con qualche bella eccezione che evidenzia ancor più i bisogni spirituali dei giovani e l’inadeguatezza dei nostri metodi pastorali ordinari) e colgo tanta rassegnazione nel contesto ecclesiale. È un dato in palese contrasto con la topografia dei nostri paesi e delle nostre città in cui “troneggiano” dappertutto chiese e campanili….
Questo problema dovrebbe trovare la comunità cristiana non rassegnata, ma fortemente motivata a recare ai giovani (e non) la proposta di vita di Gesù, che non crea “clienti o proseliti”, ma – per chi la vive consapevolmente – costituisce la grande opportunità di essere uomini autentici, da offrire continuamente agli altri come segno della nostra passione per un mondo più giusto e fraterno.
E Dio solo sa quanto ce n’è bisogno.
Ma le nostre comunità, che pure avvertono il problema, non si arrovellano più di tanto nel ripensarsi in funzione di un annuncio nuovo e coinvolgente di Gesù Cristo, limitandosi a continuare ad amministrare sacramenti, a far Messe per i defunti, pratiche devozionali stantie, processioni e funerali… per gente che sovente non è più cristiana. Si continua, come dice Papa Francesco, ad “occupare spazi” (illudendosi), evitando di “avviare percorsi”. Talora anche con una sfacciata irresponsabilità, si continua a non negare i Sacramenti a nessuno, a non preoccuparsi della formazione dei cristiani (la qualità delle nostre catechesi parrocchiali è normalmente scadentissima) e a scandalizzarsi di fronte ai giovani o agli adulti che disertano la pratica religiosa o assumono atteggiamenti difformi alla morale cristiana in fatto di eutanasia, unioni civili, fedeltà coniugale, sessualità, accoglienza dei deboli e dei profughi, aborto…
Mi chiedo: se nessuno li ha formati alla fede perché dovrebbero condividere la morale cristiana?
Invece l’apparato ecclesiastico si rivolge ancora alla gente di oggi come se fosse cristiana, ma non lo è. Anche perché nessuno l’ha formata e quelle poche “lezioni” di catechismo ricevute in preparazione ai sacramenti, la partecipazione a qualche processione, Messa o pellegrinaggi, certamente non li ha portati a scegliere Gesù e il suo modello di vita.
La grande religione della gente è l’individualismo che è alternativo al Vangelo e rende indigeste le proposte della fede cristiana, un individualismo che corrompe e banalizza ogni cosa, anche i Sacramenti.
Di fronte a tale situazione sconsolante, leggo con molta perplessità e dolore il darsi da fare di alcuni Vescovi per l’ambiente, il dialogo ecumenico, i poveri… , che spesso li rende popolari e apprezzati dall’Alto e dal basso, ma mi domando a chi stanno parlando. E mi auguro che prima di imbarcarsi in tali argomenti si preoccupino di formare i cristiani, perché se questa non diventa la preoccupazione primaria delle nostre parrocchie e diocesi e tali attenzioni non entrano nelle nostre catechesi, nelle nostre omelie, … in una parola non si inseriscono in un serio itinerario di formazione dei nostri cristiani (carentissimo nella Chiesa di oggi), rimangono mode che nel presente ci procurano qualche attenzione spesso soltanto di alcuni gruppi laici (non ecclesiali), ma che tramonteranno alla prossima svolta della storia e al prossimo cambiar di papa.
Declino del Cattolicesimo? Sì, ma quello che preoccupa è il disorientamento pastorale e le paure di vescovi, preti e cristiani laici. Pensavo a loro mentre la televisione parlava dell’entrata dei talebani a Kabul: come l’esercito afgano sostenuto dai soldi e dalla presenza degli Americani, sembrano un esercito sostenuto da fattori esterni che finora hanno puntellato la loro sopravvivenza pastorale: educazione religiosa familiare, scuola, tradizioni, società, sostegno economico dei cattolici italiani… ma che, venendo a mancare, fanno prevedere il proprio dissolvimento. Ci sarebbe un’alternativa: la “conversione pastorale” di cui parla papa Francesco, ma è cosa da cristiani (soprattutto preti) autentici, pronti a rinunciare ai privilegi e alle pretese che concede loro il clericalismo e a rimboccarsi le maniche per buttarsi con tutto sé stessi nella grande impresa di “uscire”, ”annunciare”, “immergere” (battezzare) nella logica di amore del Padre, del Figlio e dello Spirito (Mt 28,19), l’unica capace di rendere più giusto e fraterno il mondo e di dare un senso all’essere credenti oggi.
+ don Valentino
In foto: Roma, Parrocchia di San Giovanni Bosco. Catechesi di don Fabio Rosini ai giovani