Hanno ancora senso per tante persone a noi vicine parole come peccato, confessione…?
Si ha l’impressione che, mentre per chi è lontano dalla fede il peccato sia un concetto superato e ridicolizzato, per chi è praticante sia soltanto una infrazione delle leggi divine, da evitare per paura di essere castigati.
Gesù che ci rivela Dio come Padre appassionato per la vita dei suoi figli, ci porta verso un’altra direzione: ci fa capire che con il peccato, l’uomo, più che infrangere una regola, si fa male perché tradisce e umilia la propria umanità. Secondo questa prospettiva, esso produrrebbe effetti simili alla droga che distrugge fisicamente e isola dagli altri chi ne fa uso.
Dio odia il peccato e si sente offeso dal peccato, non perché esso intacchi la sua felicità, la sua essenza o la sua grandezza, ma perché distrugge l’uomo sua creatura amata. E non solo lui, ma anche gli altri, perché la vita di ogni uomo è intrecciata con quella dei propri simili: ognuno vive per il contributo che gli altri danno alla sua esistenza ed è condizionato dal loro comportamento, subendone nel bene e nel male l’influsso. Il Covid ci ha dimostrato ulteriormente questa verità, evidenziando che nessuno si salva da solo, che tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri per vivere e che la qualità buona della vita di ciascuno dipende dalla generosità, dall’onestà e dall’amore degli altri. Un egoista, un ladro, un immorale danneggia gli altri, accrescendone le paure, indebolendone i sogni, la fiducia nella vita, le speranze e i valori, sottraendo il bene che lui stesso è chiamato ad essere per i propri simili e per il quale è stato creato.
Pensiamo a quale influsso positivo hanno esercitato sugli altri i santi, alcuni grandi politici, scienziati, insegnanti, genitori, educatori, sacerdoti… e quali ferite hanno lasciato nella vita di molti ladri, assassini, camorristi, pedofili, genitori immaturi e violenti, educatori e preti egoisti e poco appassionati…. Pensavo in questi giorni a Cutolo e al bene che avrebbe potuto fare con la sua grande intelligenza e le sue capacità. Era stato creato per far felice i fratelli, per realizzare cose belle per loro, ne è diventato la rovina; era stato sognato da Dio come un dono per gli altri, pensando morbosamente soltanto a sé e alla sua affermazione, ha seminato morti (gli attribuiscono 300 omicidi), lacrime e sangue.
Dio non punisce arbitrariamente il peccatore, ma prende atto che chi commette un peccato si autopunisce e diventa inutile e dannoso per gli altri. L’inferno, pertanto, non è il “luogo” terribile dove sono finiti coloro che Dio ha castigato, ma la situazione di coloro che si sono auto-castigati e svuotati di umanità e di bene, diventando inutili.
Il discepolo di Gesù fugge il peccato perché ha scoperto la grandezza della propria vita e non vuole perderla, né privare gli altri del dono che è lui. E quando si accorge che, illudendosi di essere autosufficiente, con le sue scelte individualistiche ha nociuto a se stesso e agli altri, desiderando far nuovamente circolare il bene che è lui, chiede al Signore la grazia di tornare ad essere uomo con gli altri, attraverso la Confessione. Questo sacramento, quindi, non è un “lavaggio rapido”, che mette a posto la coscienza dell’individuo, ma l’occasione per guardare avanti e, con il perdono di Dio e la sua forza, far circolare ancora il buono che il Signore ha messo nel suo cuore e tornare ad essere autenticamente uomo e dono di Dio per i fratelli e il Mondo. La Penitenza (una preghiera o un’opera buona) che il sacerdote chiede alla fine della Confessione è l’opportunità di restituire agli altri, almeno in parte, quanto si è sottratto loro con il peccato commesso.
Questa è la prospettiva che ci presenta la bella parabola evangelica del Padre misericordioso (Lc 15,11-32), dove un giovane, staccandosi dalla famiglia nell’illusione di bastare a se stesso, scopre alla fine di aver perso la bellezza di essere uomo. La recupera quando, animato dalla nostalgia di una vita migliore, è accolto dal Padre che non è preoccupato di punirlo, ma di trattarlo ancora come figlio amato, cioè di fargli recuperare la felicità di essere uomo con gli altri, che le sue scelte egoistiche gli avevano rubato.
+ don Valentino
Commenti
Buongiorno Don Valentino, grazie di rammentarci queste illumunanti verita e profonde riflessioni. Un caro saluto, Maria e Carlo