Ricordo una Confessione in una Chiesa di Caserta, quando una mamma piangente mi parlò dell’influsso negativo che esercitava sulla fede dei suoi figli la musica di Pino Daniele. Altre volte, persone pie e anche Sacerdoti, mi hanno parlato dell’influsso diabolico esercitato sui giovani da star internazionali della musica. Lo stesso si sente dire anche di spettacoli, del web e di pubblicazioni di vario genere…
Non è insolito, inoltre, sentir parlare del fascino esercitato da professori, atei o anticlericali, di filosofia o di altre scienze sulle scelte religiose di tanti giovani dei nostri Licei pubblici e delle nostre Università.
Ma non penso che queste siano tra le cause principali dell’attuale rapporto problematico dei giovani con la fede e la Chiesa.
Ritengo si tratti di un tema molto complesso, da non affrontare cercando un capro espiatorio e incolpando una sola persona o una sola agenzia educativa.
L’allontanamento dei giovani dalla Fede, che li porta a forme di ateismo formale o pratico, è un fatto che sta molto a cuore a tanti cristiani e ai Pastori della Chiesa. Quello che preoccupa di più non è tanto la prima forma di ateismo che suppone un soggetto che si interroga ed è comunque frutto di un percorso intellettuale o interiore ponderato, quanto la seconda che porta ad una vita banale senza valori e senza speranze.
Nell’ambito del programma “Ascoltare con il cuore il grido della Città”, la Diocesi di Roma ha avviato una serie di incontri formativi per i membri delle Equipe pastorali parrocchiali, cui è affidato il compito di collaborare con il parroco per realizzare il modello di “Chiesa in uscita”, che ascolta con il cuore la Città, fortemente voluto da papa Francesco.
Si tratta di proposte mensili, di fattura eccellente per tecnica e contenuti, consultabili su NSL Canale 74 del digitale terrestre e in streaming sulla pagina facebook della Diocesi di Roma. Il quarto appuntamento riguarda la pastorale giovanile e quindi il recupero dei giovani “lontani”. Tra i relatori, tutti molto bravi, mi ha interessato in modo particolare don Gianni Carpentieri, un prete romano ideatore dell’Ospedale da campo per i giovani di Roma, che si dedica ad avvicinarli nei luoghi dove abitualmente si incontrano (strade, piazze, locali ecc.), per portare una testimonianza di umanità e di fede. Un’esperienza molto bella, gestita con intelligenza e generosità. Tuttavia, ascoltando la sua descrizione dell’adolescente e del giovane romano tipo e delle sue scelte lontane da una visione di fede e dalla pratica religiosa, mi è venuto subito da pensare che la maggior parte di quei ragazzi è passata per le nostre parrocchie, ha fatto catechismo, ha ricevuto i sacramenti della iniziazione cristiana (Battesimo, Cresima, Eucaristia) che avrebbero dovuto introdurli alla vita cristiana e a farne dei discepoli di Cristo, con un forte senso di appartenenza alla Comunità cristiana e impegnati nella sua costruzione. Ma i risultati normalmente sono molto diversi…
Pensavo allora che forse, insieme ad una “Chiesa in uscita”, bisogna ripensare con coraggio alla “Chiesa”, cioè alla struttura attuale delle nostre comunità parrocchiali, e domandarci quali sono gli ostacoli che si oppongono alla educazione reale alla fede dei ragazzi e dei fedeli in genere, per evitare che esse prima creino le premesse perché i ragazzi si allontanino e poi li vadano a cercare. Forse occorre ripensare la nostra pastorale (catechistica, liturgica, caritativa…) e operare delle scelte coraggiose, per non fare dei registri parrocchiali quei libri che contengono nomi di persone che in gran parte non credono più, custoditi da parrocchie che di fatto e certamente senza volerlo rischiano di essere una delle più efficaci agenzie di formazione all’ateismo. Come pure occorre prendere sul serio l’invito di Papa Francesco alla “conversione pastorale”, per non trasformare tanti nostri bravi preti ed operatori laici, che si impegnano con generosità e grandi sacrifici nelle varie attività parrocchiali, (di fatto) in fabbricatori di atei…
+ don Valentino