La Diocesi di Alife-Caiazzo da circa due anni è senza Vescovo.
Dobbiamo ringraziare l’Amministratore Apostolico che ha gestito l’ordinario, con grande fatica aggravata dall’emergenza Covid e dai problemi connessi, nonché dalle distanze e dalla discontinuità territoriale.
Ma un’Amministrazione Apostolica, a meno che il Papa non decida di renderla perpetua, è una situazione di per sé provvisoria che, per il bene dei fedeli, dovrà confluire in quella definitiva. Infatti l’esperienza di Amministrazioni Apostoliche troppo lunghe ha in passato provocato danni ingenti e in parte irreparabili nel territorio matesino-caiatino.
In questi ultimi mesi, grazie ad eventi come la nomina di Mons. Domenico Battaglia ad Arcivescovo di Napoli e quella di Mons. Pietro Lagnese a nuovo Vescovo d Caserta, in situazione provvisoria non c’è soltanto la Diocesi di Alife-Caiazzo, ma anche quelle di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata dei Goti e di Ischia.
Questi problemi sono di competenza della Santa Sede, dirà qualcuno. Ed è vero, ma è da supporre che sarebbe sommamente opportuno e gradito illuminare le Istituzioni Vaticane, dalle quali non si può pretendere la conoscenza lucida e completa (che ha chi ci vive e ci opera) della situazione di un territorio periferico come il nostro. Penso, inoltre, che studiare il problema e ipotizzare soluzioni sia soprattutto un grande esercizio di quella sinodalità o corresponsabilità ecclesiale, cui esorta continuamente Papa Francesco, e un grande servizio a chi deve decidere. Ritengo che sia un dovere, soprattutto dei sacerdoti e dei laici impegnati che, senza il timore servile di dispiacere qualcuno, dovrebbero sentirsi in obbligo di riflettere seriamente sulla questione per proporre all’Autorità suprema della Chiesa, che dovrà decidere, ipotesi ragionate e dettate dalla preoccupazione di non perdere quel forte radicamento della Chiesa, che è una grande ricchezza dei nostri Territori, e di non nuocere alla causa del Vangelo. È evidente che chi pone mano a tale servizio deve avere ben chiaro che il tutto deve avvenire per amore della Chiesa e in spirito di piena obbedienza alle legittime decisioni che saranno prese in alto loco.
La situazione che si è venuta a creare con i menzionati eventi ecclesiali, per chi non conosce i territori e la vitalità delle piccole diocesi in questione, potrebbe avere una soluzione facile consistente nell’annessione delle diocesi vacanti più piccole a quelle viciniori più grandi, cioè Cerreto con Benevento, Alife con Caserta ed Ischia con Napoli. Per chi ne fa una questione burocratica ed opera “con il compasso” questa potrebbe sembrare la quadratura del cerchio e rispondere pienamente alla linea della riduzione delle Diocesi, voluta da Papa Francesco e dalla CEI. Ma dubito che si vogliano soluzioni affrettate e svantaggiose per le sorti della Fede cristiana nel territorio.
Annettere a realtà molto più grandi e complesse diocesi più piccole, vivaci e “a misura d’uomo”, che sono un baluardo religioso, culturale e sociale in territori periferici, potrebbe far correre il grosso rischio di spegnare la vita ecclesiale (e non solo), facendo prevalere la fredda logica economicistica e globalizzata (pesantemente condannata dal Papa), anche nel corpo vivo della Chiesa e in contesti già abbandonati da tutti, dove sono stati chiusi tribunali, ospedali, banche, scuole, attività commerciali di vario genere, ma dove ancora c’è una popolazione periferica e povera e un ambiente che hanno forse bisogno di cura più di altri, anche in funzione della salvaguardia di territori più vasti e di realtà più grandi. Penso che anche qui, per costruire il meglio, la “cultura della cura” debba prevalere su quella dello scarto.
Per ovviare a tali difficoltà qualche anno fa, contestualmente all’intervento di Papa Francesco all’Assemblea della CEI del 23 maggio 2013, i Vescovi delle tre Diocesi dell’Alto Casertano (Alife-Caiazzo, Teano-Calvi e Sessa Aurunca) pensarono a forme concrete di coordinamento tra queste tre Circoscrizioni ecclesiastiche confinanti. Tali iniziative avrebbero potuto porre i presupposti per un futuro diverso che scongiurasse il pericolo della fusione delle piccole realtà ecclesiastiche dell’Alto casertano con realtà molto più grandi che avrebbero potuto spegnerle e fagocitarle. Queste tre diocesi, infatti, rappresentano un territorio con una popolazione pari a quella di alcune delle Consorelle della Provincia di Caserta, sufficientemente esteso, religiosamente e antropologicamente omogeneo, composto da pochi Centri medio-piccoli e tantissime comunità di qualche migliaio di abitanti, che potrebbe facilitare la cura omogenea di un eventuale futuro Vescovo e indirizzi pastorali adeguati, senza abbandonare e mortificare nessuno. Di tale ipotesi i tre Vescovi ne avevano parlato successivamente con il Nunzio Apostolico in Italia, S.E. Mons. Paul Emil Tcherrig, avviando nel contempo piccole iniziative in quella direzione, come il Tribunale ecclesiastico Interdiocesano, lo studio della della fusione dei tre Istituti Diocesani per il Sostentamento del Clero, confermando momenti comuni di spiritualità tra i sacerdoti delle tre diocesi e ripromettendosi altre iniziative di collaborazione. Con la nomina di uno dei tre vescovi ad Amministratore della Diocesi di Alife-Caiazzo, vacante per le dimissioni per età del Vescovo ordinario, è sembrato a molti che la cosa prendesse un avvio. Ma dopo quella nomina, non ci sono stati altri segnali di un cammino in quella direzione.
La medesima preoccupazione di salvaguardare la vivace realtà di diocesi più piccole, non fondendole con altre molto più grandi, dopo la nomina di Mons. Domenico Battaglia ad Arcivescovo di Napoli, ha fatto riemergere anche l’antico progetto di fusione delle diocesi di Cerreto Sannita-Telese- Sant’Agata dei Goti e di Alife-Caiazzo (in parte già unite per lunghi decenni nel secolo XIX e con un territori per lunghissimi tratti confinanti e intersecantesi), con orografia, antropologia, radici culturali e religiosità ancora più omogenee. Al progetto si potrebbe opporre la trascurabile difficoltà dell’appartenenza delle due diocesi a Metropolie diverse, ma nel caso di Alife, territorio appartenente a tutti gli effetti all’antico Sannio e un tempo parte integrante della Metropolia di Benevento (Cfr. l’antica porta di Bronzo della cattedrale di Benevento) sarebbe un felice ritorno a casa.
Spero che queste semplici riflessioni che ho raccolto tra persone responsabili che amano la Chiesa e sono attente al radicamento presente e futuro del Vangelo nei menzionati territori, costituiscano oggetto di preghiera, di riflessione e di discernimento per i Vescovi, i Sacerdoti ed i laici impegnati delle zone interessate, ma auspico altresì che le decisioni che prenderà la suprema Autorità della Chiesa trovino tutti disponibili all’obbedienza e alla ricerca della Volontà di Dio, nella quale soltanto può avere concreta possibilità di fioritura la vita ecclesiale.
+ don Valentino