Perché pregare in tempo di Covid19?

Cosa deve chiedere la nostra preghiera in tempo di Coronavirus?
La risposta più scontata e quella più gettonata è che passi questa pandemia, che procuri meno danni possibili, che il Signore sostenga e protegga i malati e quanti li assistono. Ma chi si limitasse ad una preghiera così, sarebbe lontano dalla realtà e da quanto pensa Dio.

Infatti il Coronavirus, che certamente non è un castigo inviato da Dio, sta facendo emergere alcuni importanti segnali. Innanzitutto sta mandando in tilt una società tronfia ed individualistica, fino a poco tempo fa indifferente verso le sofferenze altrui (ricordate i migranti? Lo slogan: “prima gli Italiani”?…) ; un modo di vivere e di pensare incentrato sul sé e quasi sprezzante dell’altro, visto solo in funzione del proprio benessere e dei propri successi, generato da individui che vivono all’insegna dello stupido detto: “Sto bene io stanno bene tutti”. Sono le stesse persone che non si preoccupano del vicino di casa che spesso neppure conoscono, che la disponibilità economica e la salute fanno sentire invincibili, che usano gli altri senza pensare che anch’essi hanno bisogni e diritti (quante persone assunte in nero; quante ragazze sfruttate e umiliate, quante donne violentate e uccise…). Emerge altresì una mentalità che ti porta a vedere la solidarietà e il servizio come gesti di anime “nobili” un po’ naif, di coloro che vogliono fare “i buoni”, senza pensare che viviamo perché gli altri ci fanno vivere e che senza la generosità di qualcuno non avremmo potuto neppure nascere….

Per contro, il Coronavirus sta evidenziando il lato vero della vita umana, mettendo in luce l’importanza del ruolo di talune persone (medici, infermieri, addetti ai servizi indispensabili, politici, ricercatori, forze dell’ordine…) e soprattutto della loro logica di dedizione e di solidarietà, indispensabili per mandare  avanti il sistema, che diversamente esploderebbe. A cosa servirebbe infatti, di questi tempi, un sistema sanitario in cui ognuno si limitasse a considerare soltanto i propri doveri e i propri vantaggi? Dai Telegiornali riceviamo spesso la comunicazione che è grazie alla dedizione, all’umanità e alla generosità di tanti che si riesce a provvedere alle cure necessarie.

Il Coronavirus sta facendo incontrare le persone! Un uomo, in uno dei telegiornali andati in onda ieri, diceva che per la prima volta aveva conosciuto i suoi coinquilini, portandolo a vivere la bellezza di non sentirsi soli, di scoprire volti e storie belle, di condividere esperienze…; come pure ci sta facendo scoprire il bisogno che abbiamo degli altri e la gioia di essere famiglia non funzionale soltanto ai bisogni, ma capace di comunicare, di stare accanto, di donarsi (immagino la gioia di tanti figli che finalmente possono avere a disposizione i loro papà per parlare con loro e non vederli soltanto come coloro che garantiscono vantaggi e condizioni di benessere; immagino anche la bellezza per tante coppie di aver tempo di parlare di loro, al di là degli assillanti impegni quotidiani che riducono gli spazi di dialogo).

In una forma diversa, si sta chiedendo ai giovani di essere responsabili e di rimanere a casa per non creare problemi ai nonni, di far capire che il divertirsi non è un valore quando confligge con la vita degli altri. A tanti credenti manca la Parrocchia, anche se è bello per persone anziane come me rendersi conto che la Parrocchia non è chiusa, quando si ricevono telefonate che chiedono: “hai bisogno di qualcosa?…”. Il Coronavirus ci sta facendo scoprire che l’individualismo è un fallimento e che la vita di ciascuno di noi è legata a quella degli altri e che è bella non quando è solo preoccupata di far crescere l’io, ma quando si sente parte di un NOI.

La nostra preghiera allora non deve chiedere un ritorno allo stato precedente, cioè ad una vita individualistica ed egoistica, in cui, passato il pericolo, possiamo continuare a immergerci nel nostro “particulare” alla faccia degli altri. Sarebbe chiedere che questa sia un’occasione perduta, nella logica di “Fatta la grazia, gabbato lo santo”.

Mercoledì scorso, 18 marzo,  leggevo la bella orazione di inizio Messa (colletta), che mi sembra dia il senso autentico alla preghiera di questi giorni: “Concedi, Signore che i tuoi fedeli formati all’impegno delle buone opere e nell’ascolto della tua parola, ti servano con generosa dedizione liberi da ogni egoismo e nella comune preghiera a te, nostro Padre, si riconoscano fratelli”.

Preghiera e buone azioni in tempo di Coronavirus per noi cristiani non servono a sperare nel ritorno al “prima” (“quando stavamo meglio”???), ma a far tesoro delle bellezze, dei sacrifici, dei valori ritrovati e delle brutture che questo evento ci ha rivelato per costruire tra noi una vita più giusta, solidale e fraterna, quella che Dio vuole per renderci uomini autentici e felici e che Gesù ci ha testimoniato ed insegnato.

Commenti

  1. Francesco Pinelli

    Ennesima lezione di vita. Faccio tesoro. Quanto siamo piccini a non dare importanza a cose che abbiamo sempre dato per scontato e ora un virus ci fa riscoprire tesori vecchi ma sempre nuovi, la famigli, il vicino di casa, il pregare, lo stare in silenzio etc.. grazie mille eccellenza! Le auguro una buona serata e buona notte

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