La Visita Pastorale, che prevediamo di concludere entro il prossimo maggio, rappresenta per la nostra Chiesa locale un fatto molto positivo, soprattutto perché la allinea agli standard di normalità, propri di ogni diocesi.
Infatti, 95, 90, 80, 50 anni senza che il Vescovo (come obbliga il canone 396 del Codice di Diritto canonico) visiti sistematicamente tutta la diocesi, come è successo da noi, sono il segno che qualcosa è mancato o si è inceppato, che ci sono stati gravi ostacoli.
Molti di questi li conosciamo: le vicende legate ai periodi di Amministrazione Apostolica e alla successiva fusione di due diocesi in una; la mancanza di continuità nella vita diocesana, a motivo di episcopati brevi e talora “accidentati” (per problemi di salute del Vescovo, etc.), che si sono succeduti nell’ultimo mezzo secolo; la conseguente carenza di una forte identità diocesana e la ricorrente incertezza del futuro, che ha prodotto ad es. la dispersione di gran parte dell’Archivio diocesano; forme mai completamente sopite di individualismo pastorale e di competitività tra le due ex diocesi, che non ha fatto decollare pienamente la pur necessaria integrazione; la mancanza di una solida pastorale vocazionale, la scarsezza di clero indigeno e la costante immissione nella nostra Diocesi di un gran numero di preti provenienti dall’esterno e spesso dall’estero; la tendenza ad esaltare iniziative singole pur pregevoli, ma non sempre pensate in vista della crescita di tutta la diocesi; un certo esibito attaccamento (romantico) alla (alle) Diocesi, smentito talora da un senso di sfiducia nelle possibilità di una qualità più alta e diffusa della vita pastorale….
Ciò non ha impedito che in questi ultimi anni sacerdoti e laici competenti e generosi, molti dei quali provenienti dalla benemerita Azione cattolica diocesana, abbiano partecipato alla scommessa di portare la nostra Diocesi agli indispensabili standard di normalità, attraverso la realizzazione di scelte necessarie e dovute, e l’applicazione di normali regole pastorali; nuove e più sistematiche occasioni di incontri formativi (per Clero e laici, anche in vista della creazione di équipes diocesane per il rinnovamento della pastorale catechistica); l’attivazione più convinta e capillare degli organismi di partecipazione (Assemblee del Clero, Consiglio presbiterale, riconfigurazione e rilancio del ruolo delle Foranie, Consigli pastorali diocesano e parrocchiali, Consigli per gli Affari economici, Consulta dei Laici); la riorganizzazione della Curia diocesana; una maggiore presenza della Chiesa sul territorio attraverso una rinnovata Caritas diocesana e l’apertura del Centro per la Famiglia “Mons. Angelo Campagna”, la nuova impostazione del Mensile
diocesano Clarus e la sua apprezzata edizione on line; una rigorosa trasparenza nell’amministrazione economica. In poche parole, si è tentato di aprire un cantiere per riportare l’antico edificio della nostra Chiesa locale alla sua bellezza, cioè a sempre maggiori unità, corresponsabilità, condivisione, individuazione e proposizione di obiettivi pastorali precisi.
Tale impegno ha dato taluni importanti risultati di normalità, quali una maggiore comunicazione e corresponsabilità nella vita diocesana, l’avvio del rinnovamento della Iniziazione cristiana, con il coinvolgimento e il recupero di risorse umane solitamente emarginate dalle nostre comunità tradizionali, ma capaci di rinnovarle profondamente; il superamento del predominio della dimensione cultuale verso il recupero della centralità della Parola di Dio e della Nuova Evangelizzazione; la spinta a dare l’autentico valore alla Celebrazione eucaristica, sganciandola dall’abbraccio mortale del suffragio dei defunti; una maggiore apertura alle attese e ai bisogni del territorio, il recupero degli archivi e del patrimonio librario ecclesiastico diocesani.
Tali importanti risultati, anche se in parte soltanto iniziali, richiedono ulteriori sforzi per un’attuazione completa. Tuttavia le rotte individuate hanno segnato una direzione virtuosa, che fa ben sperare per il futuro. Realisticamente occorre notare che, come ogni cantiere, anche quello della nostra Chiesa locale subisce ritardi e appesantimenti, dovuti a fragilità umane, pigrizie e concezioni ecclesiali datate, quali la diffusa visione della parrocchia come agenzia del sacro, più che come comunità di fede e di umanità autentica, “fermento e quasi anima” del territorio, o come realtà autarchica, legata a tradizioni esteriori e alla persona fisica del prete più che alla comunità diocesana, fonte – in questi anni – di un ribellismo anarchico in occasione del cambio di parroco e di precise direttive del Vescovo; e, per contro, una concezione della fedeltà al Magistero come liberazione dalle proprie responsabilità e affievolimento della creatività pastorale e dell’ansia di migliorare la vita della propria comunità; un amore più teorico che reale alla diocesi, da molti solo parzialmente conosciuta, che copre gravi forme di autoreferenzialità, di voglia di emergere e di pigrizia pastorale, e che porta a gestire passivamente le tradizioni, senza impegnarsi nella fatica di educare alla fede di Gesù (= Nuova Evangelizzazione); scarsa attitudine al gioco di squadra e alla programmazione, che porta a privilegiare iniziative estemporanee senza continuità e senza futuro, che esaltano capacità individuali, più che promuovere cambiamenti duraturi e condivisi con tutta la diocesi; soggezione ai media e ai poteri locali che spengono la profezia e l’impegno ad educare le coscienze.
Il racconto dei successi, delle fatiche e delle difficoltà presenti nel cantiere aperto dalla nostra Diocesi negli anni recenti – che ho cercato di tracciare – apre il cuore alla speranza, perché ci narra innanzitutto l’amore al Vangelo e alla Chiesa di tanti credenti e la voglia di molti di eliminare – con pazienza e misericordia – i pesi morti che rallentano la crescita e l’andamento normale della nostra Diocesi, per ridonarle la sua autentica bellezza. Questo
sta rivelando anche la grande grazia della Visita Pastorale. Come cristiani leggiamo in questi segni la presenza del Signore e l’incoraggiamento a costruire con Lui il suo Regno nel nostro territorio. Fatica grande, ma che ha la forza di rendere felice chi vi si impegna con la passione di Gesù per i fratelli e per il mondo.
Da Clarus, Febbraio n.2-2016